Quando incontri una persona, sei colpito da ciò che è meno importante: il suo aspetto, il suo vestito, il colore della sua pelle … e questo può essere un guaio, perché non conosci chi è veramente, quale storia umana racchiude in sé. Lo puoi giudicare solo da ciò che di esteriore ti ha colpito o dal fatto che viene da un Paese lontano.
Se invece parli con lui e ascolti ciò che custodisce nella sua interiorità scopri che il suo mondo interiore non è molto diverso dal tuo: ha i tuoi stessi desideri di vita e di felicità, ha affetti e sentimenti, ferite e debolezze, bisogno di amicizia e di comprensione, progetti di vita. È un essere umano che ha alle spalle storie diverse dalle tue, storie che tu non immagini neppure, così lontane dalle tue che lui fa perfino fatica a raccontartele, perché teme di non essere capito.
Leggendo le storie di vita, brevi e immediate, di questi ragazzi appena ventenni, che la nostra Caritas diocesana ospita per accompagnare il loro cammino di integrazione, puoi solo immaginare il non detto che si nasconde dietro il “temevo di morire”, “è stata durissima”, “mi hanno trattato come schiavo”, “abbiamo gettato in mare una donna incinta, morta nella traversata in mare”, per citare solo alcune espressioni.
Sono storie coraggiose che ragazzi minorenni hanno vissuto da soli, senza famiglia alle spalle, senza nessuno a proteggerli. Storie che raccontano di ragazzi normali, venuti in Italia mossi da tutt’altro che da cattive intenzioni; di ragazzi che durante la pandemia hanno tenuto aperto la mensa della Caritas diocesana insieme alle suore, poiché i volontari per prudenza era bene che sospendessero il servizio; di ragazzi che servono ogni giorno alla mensa Caritas per altri immigrati meno fortunati di loro e anche per italiani che bussano per un pasto.
Leggere i loro racconti ci può aiutare a superare pregiudizi e stereotipi purtroppo irrazionalmente diffusi. Aiuta a capire ciò che sta cercando di fare la Caritas offrendo loro strumenti per integrarsi e diventare autonomi e indipendenti. È il loro più grande desiderio che mi auguro possano realizzare a pieno.
Non può mancare il mio sentito ringraziamento al direttore, don Gianni Croci, e a tutti i volontari e operatori della Caritas per il prezioso lavoro che stanno facendo a servizio non solo di questi ragazzi immigrati, ma anche della nostra comunità diocesana e civile.
Il Vescovo
Mons. Carlo Bresciani